sabato 28 agosto 2010

Monte Mezza - Ricognizioni






Dopo la vietta a Cismon, buttiamo tutta la roba alla rinfusa nel bagagliaio della Micra e ci dirigiamo a dare un'occhiata a quel pallino che mi era rimasto su al Monte Mezza. Ero stato la settimana scorsa infatti a dare un'occhiata alla falesia. Ma il mio pensiero fisso erano le placche sottostanti...quel mare di calcare grigio che si riesce a vedere dalla Valsugana, ma che risulta del tutto inaccessibile dal basso.
Sono sicuro che ci sono delle vie, devono per forza esserci penso.
La settimana scorsa, da solo, seguendo un po' di tracce di foglie smosse e con un po' di intuito riesco a trovare infatti una calata che sembra apposta portare in mezzo a quel mare di placche. Non avendo corde con me in quell'occasione mi ero solamente limitato ad immaginare a cosa ci potesse essere sotto.

Ebbene oggi, assieme a Cesco, arrivo lì e fisso già due belle doppione da 60 metri su di un vuoto allucinante, stile Verdon. Dal bosco, dopo essermi calato di soli 4 metri, mi si scoperchia addosso un oceano di placche grigie assolutamente pazzesche. Un calcare compattissimo, lavorato talvolta a rigole, altre volte a buchetti e qualche rara goccia. Bingo! Ho trovato il Puerto Escondido della Valsugana.
Ho fatto fortunatamente i nodi alle doppie e mi son fatto un bell'autobloccante per poter stare lì appeso come un salame giusto a contemplare il mare di calcare e fotografarlo. Vedo dopo un po' le prime piastrine, sono vecchie, ma il tassello è ancora bello buono da 10. Mi calo fino ad una sosta nel vuoto con tanto di seggiolina per stare comodi. Francesco è ancora su nel bosco. Nel frattempo, il temporale si sta avvicinando. Non c'è tempo per fare ulteriori calate. Mi faccio assicurare dall'alto e salgo un tiro incredibile senza una linea ben tracciata, me lo invento un po' io. Vado dove si può andare, dove la roccia offre qualche piccolissimo appiglio o qualche accennata rigola.
Trovo una linea di fix, ma che mi sembra solo piantata lì dall'alto senza una logica vera e propria. Difatti provo un po' la linea, ma oltre ad essere forzatissima, ignora il sistema di rigole che le corre proprio qualche metro a destra. Provo a fare qualche movimento, ma non c'è nemmeno un appiglio o un appoggio. (credo possa essere benissimo sopra il 7c di placca). Fortuna che ho chi mi fa sicura dall'alto.
Comunque gran posto, sicuramente da esplorare a fondo.
Abbiamo concluso la giornata facendoci due tiri sulla falesia sopra.

Parete di Cismon - Diedro dei Garofani






Oggi con Francesco mi metto d'accordo per una giornata esplorativa in Valsugana...declino impegni dolomitici a causa del festone celtico di ieri sera. Bevuto un po' troppo. Niente sveglia presto oggi dunque.
L'idea è quella di andare sul Monte Mezza a vedere alcune vie calandosi dall'alto, ma passando davanti al Cornale chiedo a Cesco se ha voglia che facciamo una vietta veloce sulla paretona di Cismon, prima di andare su nel Tesino. Lui non ha mai arrampicato a Cismon ed è molto curioso di vedere com'è la roccia. Scarto subito le vie dure, vista la mia nottata brava di ieri. Massì dai, niente stress, per sta settimana abbiamo già dato, andiamo sul diedro dei garofani!
Via tranquillissima, ben protetta su ottima roccia anche se in certi punti molto levigata dalle ripetizioni, con arrampicata in diedro fessura, talvolta atletica, talvolta in spaccata. Da non perdere, anche se sono solo tre tiri.


Difficoltà: V+, VI-, 6a, 1 pass. 6a+ (obbl. 6a)

Materiale: è sufficiente una corda da 80 metri, 22 rinvii, qualche fettuccia per passare i rari chiodi tra un fix e l'altro. Via ottimamente protetta a fix da 10.

Attacco: Comodissimo, una volta parcheggiata la macchina, camminate 1 minuto di numero e siete all'attacco. Nome alla base.

Relazione:

L1 attaccare il diedrino iniziale un po' unto (V+), dopo una decina di metri traversare decisamente a sinistra e risalire per gradoni un po' vegetati fino ad un secondo diedro fessurato con alcuni sassi incastrati all'interno ma ben saldi (VI-). Risalire tutta le fessura fino al primo terrazzo di sosta con due anelloni cementati e cordini bianchi. 35 metri

L2 tiro chiave, lungo sui 45 metri. Servono molti rinvii, se rinviate tutti i fix che ci sono. Si segue il diedro nel suo fondo dove c'è la fessura che lo solca. Con arrampicata entusiasmante e talvolta atletica si risale verticalmente con difficoltà piuttosto continue (VI e 6a) fino al superamento di una prima strozzatura (6a) e poi un'altra (6a+, conviene stare un po' all'esterno della fessura in questo punto, sulla faccia destra). Si ignora la prima sosta con catena, e si risale di qualche metro lungo una rampa appoggiata a gocce grigie scure fino a sostare su un anello e un fix se non ricordo male, cordini bianchi di collegamento. 45 metri di tiro, molto bello!

L3 Puntare alla continuazione del diedro che passa a sinistra del tettino con canna gialla. Sempre per fessura. (VI). 30 metri Da qui ci sarebbe la possibilità con un altro brevissimo tiro di uscire sul bosco soprastante. Valutate voi, secondo me non conviene.

Discesa: Con corda da 80 metri si scende con tre doppie. La prima dalla sosta di L3 a quella di L2. La seconda doppia dovete stare attenti, è di 40 metri esatti. Fate i nodi alla fine! Dalla sosta di L2 a quella di L1, e da quella di L1 a terra comodamente.


giovedì 26 agosto 2010

Torre Brunico: Ottovolante







Giornata totalmente random, risultato di una chiamata di un mio amico. "Ei ciao, domani andiamo a fare qualcosa? Decidi tu il posto, io avevo pensato alla Valsugana o alle Piccole Dolomiti..."

Rabbrividisco alla sola pronuncia delle Piccole Dolomiti, per carità! Per la Valsugana ci si può pensare, avrei una via da andare a vedere sul Monte Mezza. Dopo un po' di frullio di idee, guardo il meteo e vedo che è una bomba per domani.
Dolomiti d'obbligo, ma non quel cesso di Piccole, quelle vere!

All'inizio propongo una via sul Ciampac, poi però mi viene in mente un'altra via che avevo da sempre adocchiato, l'Ottovolante sulla Torre Brunico. Francesco mi dà carta bianca, dicendomi:"per me è lo stesso, tanto tiri tu!" Detto, fatto.
Ne è risultata una giornata di sole stupenda, su una via magnifica. Compagni di via, una guida con cliente davanti a noi e una cordata di fortissimi tedeschi molto simpatici dietro di noi.

L'Ottovolante è una via eccezionale, con una qualità della roccia da far spavento (in alcuni tiri sembra di arrampicare su Befana a Lumignano), ed ogni tiro è di una bellezza unica. Una via da consigliare a chiunque (meglio se allenato). Complimenti a Checco Piardi per questo gioiellino che ci ha regalato: sicuramente una delle più belle vie fatte quest'anno (nel suo genere).

Relazione:

Accesso: Da Corvara prendere il passo Gardena e parcheggiare a Colfosco, seguire indicazioni per ferrata Tridentina.

Attacco: conviene sicuramente fare il primo tratto della ferrata Tridentina, ed uscire sul sentiero soprastante non appena si vede la possibilità di farlo. Puntare alla Torre, l'attacco si trova a circa una decina di metri a destra di un marcato diedro, in corrispondenza di placche fessurate (30 minuti dal parcheggio).

Difficoltà: 6a, 6a+, 6b, 6b+, 1 pass. di 6c, 1 pass. di 7a. (Gradi non regalati, obbl. 6b+). La via è molto continua lungo tutti i suoi tiri. Per farla tutta in libera a vista (senza riposi) credo non basti il 7a.
Giusto per un confronto con le altre vie da me percorse, questa è nettamente più dura di Love my Dogs sui Lastoni o della Grande Guerra sul Castelletto. La paragonerei più o meno come a Mescalito alla Rupe Secca di Arco, solo che lunga il doppio e chiodata più obbligatoria.

Materiale: la via è protetta in maniera abbastanza eterogenea a fix del 10 e alcuni spittarelli strani credo dell'otto nella seconda parte. I primi 4 tiri sono protetti bene (S1/2) a parte qualche tratto in cui si può integrare con protezioni veloci. Il quinto tiro è un diedro canale classico (no fix) di 50 metri, difficoltà IV+. Utili protezioni veloci. Dal sesto tiro in poi la via si incazza decisamente. Le protezioni in questa seconda parte, nonostante non possano considerarsi quasi mai pericolose, sono distanziate e costringono a molti passaggi obbligatori. Secondo me nella seconda parte della via la chiodatura raggiunge S3 in alcuni punti. Pericoloso il primo fix del settimo tiro e la partenza del tiro di 6c, nonostante vi sia ora un discreto chiodo a proteggere il passaggio. Per una ripetizione sicura consiglio di portarsi via due o tre friend medio piccoli e qualche dadino. Volendo anche qualche cordino per clessidra.

L1: Si sale la grigia placca fessurata con arrampicata stupenda seguendo i buchi che offre la parete. Tiro sui 45 metri, 6a continuo. Sosta su piccola nicchia.

L2: Si sale dritti dalla sosta, poi a sinistra e ancora dritti per placca fessurata con roccia marmorea (VI). 30 metri, sosta in prossimità di una cengia

L3: Ancora verticalmente per placca a buchi fotonica. 6a, 30 metri. Credo di aver utilizzato un friend rosso della BD in una fessura circa verso la fine del tiro

L4: Tiro stupendo su spigolo. Dalla sosta si risale lo spigolo rossastro con arrampicata atletica (6a+) su buchi fantastici. C'è una specie di passo del gatto da fare, in corrispondenza della terza protezione del tiro. Si rimonta su cengietta e poi si risale lo stupendo spigolo nero. Difficoltà concentrate in un breve muretto con dei piccoli buchi per le mani (biditi e monoditi) 6b. Due fix messi molto bene a proteggere il passaggio. 30 metri

L5: si traversa a sinistra e si rimonta un diedro rampa. Si trova dapprima un cordone nero marciotto. Si risale la rampa con arrampicata facile e bella (IV+) su roccia bianca e slavata. Si trova un exentric incastrato lungo il tiro. Si continua lungo la rampa fino a che diventa canale. Passaggio atletico in corrispondenza di alcuni cordini su clessidra. Sosta su ampia cengia alla base di un muro rossastro. Possibili attriti con le corde, 50 metri. No fix lungo questo tiro, consideratela una lunghezza classica.

L6: da qui in poi la musica cambia. E lo si capisce subito. Si risale abbastanza atleticamente il muro rosso con buchi, trovati un po' bagnati, fino al secondo fix. Dal secondo al terzo fix c'è un passaggio obbligatorio da fare. Dopodiché il tiro continua su di una placca superba con arrampicata tecnica su buchi e svasi. Tiro molto continuo (sicuramente un 6b da falesia, molto più duro di molti 6c trovati su altre vie in Dolomiti). 50 metri, tiro continuo. Lungo il tiro su due fix si trovano anche due cordini bianchi messi per agevolare la rinviata o eventualmente azzerare. Non sono presenti passi singoli duri lungo il tiro, ma è la continuità piuttosto a renderlo impegnativo.

L7: Tiro chiave. Assomiglia moltissimo al tiro del tetto di Mescalito, alla Rupe Secca di Arco. Dalla sosta ci si alza un 5 metri senza possibilità di integrare su tacche oblique e un buco per la mano destra, primo fix pericoloso. (6a+) Occhio! da qui in poi c'è una fantastica placca bianco rossastra a concrezioni/buchi/tacche in leggero obliquo verso sinistra. La smagnesate vi condurranno con la giusta sequenza sotto i tetto. Una volta arrivati sotto al tetto, si riesce a rinviare il fix al di sopra. Prendere il rovescio sotto il tetto con la mano sinistra, caricare bene i piedi ed ignorare la tacca posta vicino al fix, ma puntare alla "buona" presa più a destra. Superamento del tetto non facilmente azzerabile, piuttosto in A1 con una fettuccia. Da primo, ho azzerato e via! La placca sopra al tetto è stupenda e atletica. Trattasi di dulfer su lame verticali parallele. Chiodatura expo. 6b duro. Sosta non così scomoda come descritto in giro, corde sul vuoto! 30 metri

L8: Non fatevi fregare dal 6a+ dato dalla relazione. La partenza di questo tiro mi ha fatto penare non poco. C'è una fessurina liscia verticale da tenere e appoggi in spalmo. Il primo fix è abbastanza alto, se fiondate lungo questa fessurina faticosa colpite sicuramente chi vi fa sicura. Provvidenziale, se l'avete un friend piccolo. Io sono stato molto contento di essermelo portato dietro. Una volta superata la fessurina non è finita, il tiro continua per altri dieci metri molto continuo (più 6b che 6a+). Poi smolla un po' e si adagia su placca grigia appoggiata stupenda (5+). 35 metri

L9: 6a+ onesto in questo tiro. Primo fix ok. Il secondo è molto alto, ma passando leggermente a sinistra e rientrando a destra poi, si possono evitare alcuni patemi. Dal terzo fix, inizia una rampa fessura un po' aggettante verso destra. Occorre impostare un attimo il passaggio, solo tecnico, non faticoso (6a+). Uscita con run out fino in sosta 25 metri, mi sembra di ricordare solo 3 fix lungo il tiro.

L10: Temevo questo tiro! Avevo letto di chiodatura mortale all'inizio. In effetti il primo fix (che poi sarebbe il secondo del tiro, ma il primo non lo considero dato che inservibile) è posto molto alto, oltre il passaggio duro. Fortunatamente qualcuno ha ficcato un chiodo (all'apparenza orribile) ma buono. Il passo più duro è arrivare al chiodo (6c). Una volta moschettonatolo, si ingrana la marcia e si lavora la fessura in dulfer alzando i piedi faticosamente. Ci devono essere anche delle tacche orizzontali fuori dalla fessura. Una volta rinviato il primo fix, il più è fatto. Il tiro continua su una placca rossastra a buchi fantastica leggermente strapiombante (run out ad ogni fix in questa parte). Dosare bene le energie e non sottovalutare il 6a, run out potenzialmente dolorosi. 35 metri

L11: uscire a destra sullo spigolo (fix), poi rientrare a sinistra su placca a buchi (possibilità di passare clessidre). Seguire la logica visto che non si vedono fix in questa parte. Continuare verticalmente e superare una placca bianca povera di appigli (6a+). Dall'ultimo fix spostarsi con passo delicato a sinistra e rimontare una specie di fessura (run out). 25 metri

L12: dalla sosta, verso destra per cengia (occhio al mega sassone in bilico) e poi con facilità per placchette e paretine (III) 20 metri. Sosta su spuntone

Discesa: Sconsiglio sicuramente le doppie! Oltre che ad essere eterne, c'è la possibilità che si incastrino. Uscite in direzione Sud per crestina, rimontare un muretto che porta al pianoro sommitale della Val Setus dove si trova pure il Rif Pissadù. Dal rifugio prendere a destra per Colfosco. (1 ora e venti fino al parcheggio).

martedì 24 agosto 2010

Ricognizioni Valsuganiche






In compagnia di Paolo, di ritorno da una fungata decisamente insoddisfacente nella zona dell'altipiano, vado a perlustrare un angolo della Valsugana che da sempre mi incuriosisce. Si tratta della valle a destra della paretona del Collicello, una valle che dalla statale sembra fatta di roccia argentata. So che Adriano ci aveva già ficcato il naso e mi aveva detto che c'era qualche via. Non so se le abbia percorse comunque. Beh, andiamo a vedere!

Arriviamo alle cinque sotto la parete del Collicello. Già bella in ombra da un po'. Parcheggiamo in prossimità di un capitello, cento metri oltre il parcheggio della grande cava, sulla sinistra venendo da Valstagna. Percorriamo una strada privata proprio alla base della valle che costeggia all'inizio un torrente cementato, da qualche parte ci dovrà pur essere un sentiero, penso. Invece la strada privata ci porta dentro ad una casa. Troviamo due signore molto gentili che che però all'inizio ci guardano un po' male. Spiego loro le nostre intenzioni e ci dicono che qualche anno fa, passava di qua gente da Venezia (Spavento??) proprio per arrampicare. Allora mi faccio dire tutto quello che sanno sulla valle. Io pensavo si chiamasse Val Dicina, mentre loro mi dicono si chiami Val Farina. Non ho la guida di Spavento con me, quindi non posso controllare.
Gentilmente ci spiegano il percorso per arrivare sotto la valle, e ci fanno passare per il loro giardino. Una delle due mi domanda se me ne intendo di serpenti, perché la mattina aveva ucciso una biscia e non sapeva di cosa si trattasse. Me la fa vedere...e penso, cominciamo bene.

Ci instradiamo per la valle, e subito incontro un carbonasso che mi passa a mezzo metro dalla gamba. Mi cago un attimo addosso, pensando fosse una vipera, poi faccio andare avanti Paolo che ha meno paura di me dei serpenti. Seguiamo vaghe tracce, fino ad imboccare il torrente cementato. Superiamo un punto sbarrato con grossi cavi metallici, appendendoci. Posto un po' tetro. Controllatina ogni tanto anti zecca.
Arriviamo alla base di un saltino di rocce argentate molto slavate, prendiamo la rampa a sinistra fino ad uno zoccoletto con arbusti marci. C'è una fettuccia che ha tutta l'aria di essere di Marampon completamente marcia e spezzata. Inservibile.
Con un po' di attenzione si supera lo zoccolo di 10 metri tra arbusti ed erba e si ritorna a destra proprio alla base della parete vera e propria. Toh, qui subito trovo una fettuccia Beal che sembra avere non più di cinque anni...buon segno!

Ora, sono senza la guida, ma dico, le vie saranno dove è più logico andare. Difatti, guardo alla base del muro grigio e trovo subito un chiodo a pressione incordinato ed un fix dell'otto senza piastrina. Che sia la prima sosta?
Sì ma il resto dei chiodi? non vedo nulla. Siamo venuti qui senza attrezzatura, però almeno vorrei vedere dove va la via. Salgo una rampa erbosa con roccia, laddove è presente, ottima e slavata! Sembra di essere in Moiazza. Bingo, trovo subito un bel chiodone con maglia rapida inserita. Arrampico abbastanza facilmente, quando Paolo mi fa notare che sono senza corda. Effettivamente avevo già fatto due o tre passaggi tipo mano-piede, che a ritroso si riveleranno essere insidiosi, soprattutto fatti con scarpe da ginnastica. Fortuna vuole che mi sia portato dietro la fettuccia trovata alla base della parete. Strozzo la fettuccia sul chiodo provvisto di maglia rapida, mi metto di peso sulla fettuccia e allungo i piedi fino ad un appoggio decente. Ora però la fettuccia è irrecuperabile, cazzo! Riarrampico, dicendo a Paolo di stare attento (a cosa poi non lo so? giusto per conforto morale lo faccio piazzare sotto la mia verticale) Tolgo la bocca di lupo dalla fettuccia e ridiscendo piano, fino a trovare nuovamente l'appoggio per i piedi che prima non vedevo. Riesco a togliere pure la fettuccia, fiuuuu.
Bon, almeno ho capito dove corre una via. Più sopra vedo un chiodo a pressione tranciato, ed un altro intero più su di un metro.
Andrò a vedere di che si tratta, la prossima volta che ho possibilità di leggere la guida.
Il primo tiro comunque mi sembrava abbastanza semplice (IV+/V)?

Sicuramente da tornarci magari con relazione, attrezzatura e forse un pianta spit per le soste, visto che potrebbero essere disattrezzate. Ad ogni modo la roccia sembra ottima, a parte qualche chiazza d'erba sulla rampa iniziale.

Andrò e scoprirò.


domenica 22 agosto 2010

Castelletto della Tofana: La Grande Guerra






Sabato uscita tattica su una via corta in compagnia di Beppe, Checco e Stefano. Era da tempo che sentivo parlare del Castelletto, ma mai messo il naso. Ebbene è una parete comoda, corta e soprattutto ottima per le giornate di canicola visto che si arrampica sempre all'ombra. Esposizione (Nord?)-Ovest.
Beppe e Checco su Gugo, io e Stefano sulla Grande Guerra. Una coppia di vecchietti tedeschi ci precedeva, simpatici compagni di via.

La via è stata aperta dal basso dai forti Sterni e Florit, diciamo che la loro fama la conosco. Un po' temevo questa via a dir la verità, pensavo che i gradi fossero stretti e la chiodatura severa. Niente di tutto ciò. Chiodatura decisamente plasir e gradi nettamente sopravvalutati. A mio parere è un po' forzata come percorso, si cercano infatti le difficoltà anche dove il percorso più facile è evidente. Comunque una buona vietta per giornate corte. Non eccezionale, ma neanche da buttar via.

Relazione:

Difficoltà: V+, VI, VI+, 6b. Sinceramente la relazione di Planet Mountain è decisamente sovragradata. Non ho trovato difficoltà di 6c, né tanto meno di 7a all'ultimo tiro. Obbligatorio di 6b

Materiale: 10 rinvii sono sufficienti. Eventualmente per chi volesse essere più tranquillo, portarsi via un nut piccolo per un buchetto nel tiro di 6b chiodato lungo. Attrezzata bene a fix del 10. Soste tutte attrezzate.

Sviluppo: 220 metri. 7 tiri

Relazione:

L1 Attaccare in prossimità di una placca nera con diedrino fessura alla sua sinistra. Il primi due fix si possono saltare se si rimonta il diedrino alla sinistra della placca. Chiodatura un po' forzata qui. Si risale verticalmente con bella arrampicata (V+) fino ad una lama che va risalita (VI). Si esce con passaggio delicato sulla cengia detritica (VI). Occhio a non smuovere sassi. 35 metri

L2 tiro di trasferimento, non conviene unirlo al precedente causa sassi che possono cadere. Corto

L3 Bel tiro in obliquo a sinistra. Si risale una lama rossa (V+) e poi obliquando si taglia a sinistra tutta una placconata grigia con qualche risaltino un po' strapiombante ma sempre bene amminagliata (VI). 35 metri

L4 Si risale una placca tecnica all'inizio (VI+) poi molto più facile (V). Sosta su una specie di nicchia. 30 metri

L5 Tiro chiave. Non è difficile, ma psicologico. Non è di certo 6c come riporta la relazione, però non è banale, visto che la chiodatura è abbastanza lunga in questo tratto.
Si risale la placca dalla nicchia di sosta con primo fix posto molto basso (potevano anche evitare di metterlo). Si continua con arrampicata tecnica di piedi e qualche buchetto per le mani verticalmente. Dal secondo fix in poi, occorre andare e non farsi troppi problemi per le protezioni un po' distanziate. Ci sono alcuni rinviaggi scomodi, nel senso che si sale un po' a sinistra, poi per rinviare occorre spostarsi a destra, e tornare nuovamente a sinistra. Comunque verticalemente fino ad uscire dove è più logico a destra per fessura e poi in sosta. Ho saltato l'ultimo fix del tiro dato che mi pareva piantato in posizione illogica. 35 metri

L6 Si risale la placca, obliquando leggermente a destra. (VI) Prendere una fessura diedro molto bella (VI) fino in sosta. (Ignorare la prima sosta e andare a sostare 15 metri più su unendo anche il tiro di 5b).

L7 Tiro faticoso su roccia un po' friabile. Non è 7a ma 6b. Dalla cengia di sosta si risale la fessura strapiombante un po' boulderosa (6b). Si risale la placca bianco giallastra con roccia un po' dubbia, occhio a quello che tirate. Sembra facile, ma non banale (VI+). Risalire fino a dove la placca si appoggia, fino in sosta. 40 metri.

Dalla sosta seguire la freccia trapanata, in obliquo a sinistra ed uscire sulla cresta. Da questa 2 metri più sotto l'ancoraggio della doppia su un fix del 10 ed un chiodo arancione, cordino viola e maglia rapida.

Una doppia da 35 metri (ma potrebbe essere da 40, fatela con due doppie) fino alla cengia. Dalla cengia per comodo sentiero sulla sinistra, faccia a valle. In mezz'ora di nuovo alla base della parete.


mercoledì 18 agosto 2010

Piz Ciavazes: Giovanni Paolo II + Roberta 83 (2 tiri)






Le previsioni per oggi erano veramente ballerine. I nostri programmi non ben definiti. Checco mi fa saggiamente desistere da una via troppo lunga, vista l'incertezza del tempo. Alla fine l'alternativa di ripiego viene fornita dal Ciavazes.

Il posto devo dire che non mi ha attratto per nulla e credo che per un po' il Ciavazes non mi vedrà più. Veniamo all'arrampicata.

Puntiamo dritti su Roberta 83, un'altra cordata appena scesa dal primo tiro ci conferma le nostre impressioni: placche tutte stonfe d'acqua. Pazienza, abbiamo uno schizzo approssimativo di un'altra via: Giovanni Paolo II.
Devo dire via mediocre, con un solo tiro degno di nota. Scendiamo dalla cengia dei camosci al termine della via e nel frattempo Roberta si è asciugata. Facciamo giusto i primi due tiri così per toglierci la curiosità e poi ci caliamo. Certo che la parete del Ciavazes è un vero casino tra spit, ciodi, soste ovunque...peggio che a Cismon.
C'è di meglio in giro.

Relazione Giovanni Paolo II:

Attacco: foto alla mano della relazione di Planet Mountain, a circa un metro a sx dall'inizio del cavo metallico della ferrata. A destra della zona di monotiri

Materiale: 13 rinvii. La via è chiodata ottimamente a fix del 10 (S1, non S2). La parte alta è protetta leggermente più lunga, ma si è su gradi elementari.

Difficoltà: 5b, 5c, 6a, 6b, 1 passo di 6c. Gradi dati dalla relazione di Planet Mountain a mio avviso generosi. Obbligatorio 6a+.

L1: rimontare la rampa diedro con fessura alla sinistra fino alla prima sosta. (si può sostare su tre soste differenti, zona monotiri). 5b, 35 metri

L2: per placche grigie verticalmente, 5b. 25 metri

L3: risalire il muretto verticale con buchi (5c) e poi più facilmente fino ad una comoda cengia (III/IV). 25 metri

L4: prima per placca grigia scura, poi rimontare una fessura dall'apparenza bonaria ma che riserva un passaggio atletico abbastanza brusco (6a+), possibile azzero su un chiodo intermedio tra i due fix. Continuare poi per placca con difficoltà minori fino in sosta (5c). 35 metri

L5: verticalmente per qualche metro. Dal secondo fix in poi, obliquare decisamente verso destra sotto ad una fascia di roccia bianca strapiombante. Arrampicata molto bella e tecnica su placca bianca con piedi in spalmo e buchetti e reglettine per le mani. 6b, non 6c come dice la guida. 30 metri

L6: dalla sosta verticalmente per lama bianca poco solida. Rimontare lo strapiombino grazie alla lama (6a+) poi per roccia molto delicata (ATTENZIONE) anche se ripulita, si sale la placca bianca (oltre ai fix, due chiodi a pressione). Ad un certo punto, si vede una fila di fix tagliare una placca alla nostra destra. Consiglio di seguirla vivamente, tiro della vicina via "Non c'è due senza te". Permette di giungere alla sosta sopra il settimo tiro corto di Giovanni Paolo, aggiungendo un po' più di continuità all'itinerario. Trattasi di un trattino di 6c, ben protetto, anche se con un passo forse obbligatorio. 45 metri, molti rinvii

L7: si è ora in prossimità di una lama strapiombante. Il passo più difficile è rimontare la placca nero gialla per andare a prendere la lama (6c). Una volta agguantatala, via di dulfer fino a dove è possibile uscire a sinistra su placca. Verticalmente con più facilità (5b) ancora per placca fino alla sosta. 45 metri.

L8: placche facili (III e IV). 40 metri

L9: 5 metri di arrampicata poi erba e cengia dei camosci.


Discesca: o in doppia lungo la via, o cengia dei camosci.

Relazione Roberta 83 (i due tiri da noi percorsi):

L1 non ho capito assolutamente quale fosse la linea di spit da seguire. All'inizio ne ho intrapresa una, fix da 10 distanziati e difficoltà ben superiori al 6a+ dichiarato. Forse ho fatto la prima parte di Baci da Honoloulu (7a), comunque il problema principale di questa linea è che era completamente infangata. Impossibile riuscire a tenere le tacche bagnate molto sporche di terra. Ad un certo punto, traverso a sinistra di una decina di metri. Trovo un chiodo universale verde. Lo si supera con passo delicato (6a+?) mi sposto ancora a sinistra ed arrivo ad una riga di fittoni siliconati abbastanza ravvicinati (che sia la via giusta?) con difficoltà sul 5c e 6a, fino in sosta attrezzata con due fittoni e moschettone da calata.

L2 seguo i fittoni siliconati fino sotto ad un tettino che si supera direttamente (6a+). Arrivo su una sosta con terrazzino.


sabato 14 agosto 2010

Dain, Pian Dela Paia: Via Genoma






Della serie, nostalgici della valle del Sarca: oggi previsioni meteo terribili. Una via corta sul Castelletto è improbabile. Ci mettiamo d'accordo io e Checco, alla fine proferiamo la parola tabù: Arco. E' l'unica soluzione.
Devo dire però che, nonostante manchi un giorno a ferragosto, oggi ad Arco si stava da Dio. Vento fresco, leggera velatura, e in discesa addirittura la pioggia!
Abituato da un po' alla severa dolomia, non mi sembra vero di tornare ad arrampicare sul calcare arcense. Poi la via di oggi aveva una roccia che dire verdoniana è poco.
Anche se trattasi di una vietta di ripiego, devo dire che merita solo per la qualità della roccia che ha. Placche a gocce e roccia gialla solidissima ovunque. Consigliata.
Unico neo, il casino delle moto sul crossodromo sottostante. E vabbè, non si può aver tutto!


Relazione:

Difficoltà: prevalentemente 5c e 6a, 6a+, un passaggio di 6b ed uno in A0 (possibile 7a+?!). 6a obbligatorio

Materiale: la via è attrezzata ottimamente a fix del 10, qualche sporadico spit da 8 e 3 chiodi. Chiodatura ottima (S1). Friend non sono strettamente necessari, ma se volete essere sicuri di non avere problemi portatevi via il rosso della Black Diamond.

Sviluppo: 350 metri

Attacco: Dal Crossodromo/Campo da Golf, credo si chiami Ciclamino il posto, comunque si parcheggia lì. Andare in direzione dell'accesso del crossodromo ed entrarci, fino a sbucare nel suo fondo sul ghiaione del Dain. Risalire lo zoccolo a proprio piacimento (sempre un po' da ravanare, fino a dei bolli gialli che portano ad un sentierino che va alla base della parete). Tenete come riferimento comunque lo spigolo del Dain, la via sta a circa una ventina di metri a sinistra dello spigolo.

L1 dalla scritta rossa Genoma, salire la bellissima placca a gocce talvolta gialla talvolta grigia con arrampicata facile nella prima parte, un po' più tecnica nella seconda (6a+). Alla fine della placca traversare a destra su una comoda cengia e sostare su una grossa clessidra piena di cordoni. Molti spit lungo questo tiro. 35 metri

L2 dalla sosta con cordoni, seguire la fessura grigia sulla destra (1 spit e 1 chiodo, 6a) e rimontare su placca con passo abbastanza tecnico (6a) eventualmente azzerabile su cordone bianco. Seguire poi la bella placca a gocce gialle e per vago diedrino alla successiva sosta (5c). Tiro corto, 25 metri

L3 Dalla sosta rimontare la placca gialla a piccole concrezioni (passaggio tecnico a prendere un rovescio in cui ci entrano appena le punte delle dita per la mano sinistra, passo azzerabile altrimenti 6c+ ? ), si continua sotto l'evidente tetto e lo si supera tirando il cordone bianco (A0 faticoso, liberabile sicuramente, 7a+?). Oltre il tetto pochi metri per bella placca grigia con lama alla sua destra fino alla sosta appesi. 25 metri

L4 Risalire la facile placca grigia sopra la sosta (1 fix, 5b) poi per erba e risalti leggermente in obliquo a sinistra fino a sostare alla base di un diedro giallo, la cui faccia sinistra consiste in una bella placca liscia. 30 metri (5b, poi elementare)

L5 Rimontare sulla faccia sinistra del diedro fino a rinivare la prima protezione (chiodo). Dal chiodo, traversare leggermente a sinistra e poi rimontare con arrampicata d'equilibrio su gocce (5c, non di certo 6b come riporta la guida di Filippi) fino a dove la placca spiana. Rimontarla e scalare il bel diedro fessurato rosso, con coralli (5c). Si segue la fessura che solca il diedro finché questa non obliqua a destra e diventa un caminetto (qui se volete potete cacciare un bel friendino, per ridurre la distanza tra i due spit, non strettamente necessario comunque), che va rimontato, schienando e aiutandosi anche con l'albero al suo termine (5c). Si sosta due metri a sinistra all'uscita del camino su comoda cengia. 35 metri

L6 si traversa a sinistra 5 metri e si risale la placca fessurata. C'è un passo tra il primo ed il secondo spit di 6b, su una goccia molto dolorosa per la mano destra. Poi con più facilità (5c) lungo placca fino alla sosta. 25 metri

L7 Dalla sosta traversare a sinistra su placca bianca. Oltre il primo fix, obliquare leggermente a sinistra per poi risalire obliquando a destra un vago diedro con cordino alla base ed un chiodo artigianale ruggine alcuni metri sopra. Se si sta un po' a destra si troveranno anche altri due fix (5c). Dall'ultimo fix traversare 2 metri a sinistra fino in sosta appesi, su un fix che gira molto e l'altro un po' più buono. 30 metri

L8 Si risale il diedro chiuso alla sua sommità da un tettino (6a+, un passaggio). Si obliqua un po' a destra e si risale fino ad un altro tettino che si supera facilmente (5c). Poi per bellissima placca fessurata (cordone su pianta) fino alla sosta. 30 metri

L9 Qui la via sarebbe finita, noi continuiamo oltre lo spallone fino al libro di vetta (cassetta nera) e rimontiamo lungo un camino (sosta su due chiodi con cordino bianco nuovo). Si rinvia la sosta e si rimonta la rampa fessurata (possibilità di mettere un cordino su clessidra, IV+). Si sosta oltre il pilastrino (via Groaz) su piante con cordoni.

L10 e L11 con altri due tiri abbastanza zoccolosi si esce, obliquando sempre verso destra. Conviene rimanere legati anche se le difficoltà sono elementari (II e III). Vista la presenza di terra e massi un po' instabili.

Discesa: Si seguono i bolli rossi fino alla forestale che riporta al campo di Motocross (30 minuti).

mercoledì 11 agosto 2010

Avana: 7a flash!

Oggi pomeriggio ad Avana faceva un po' di caldo, ma almeno si era all'ombra.
La giornata inizia con una randa chilometrica su un 6c+. Rinviata stronza, dopo il passaggio chiave che cucina per bene, con una tacca merdosissima per la mano sinistra, piedi spalmati sul niente, ultimo rinvio bello basso...riesco ad infilare il rinvio nello spit. Prendo in mano la corda per rinviare, sento che i piedi non sono messi bene, ma confido nella tenuta della suola...come non detto, fiondo giù mentre sto rinviando, corda in mano: un discreto volo!
Pazienza, chiudiamo il capitolo, per oggi non voglio più fare questo tiro.

Riesco a chiudere un 7a placcosissimo al primo giro, con Angelo che mi ha segnato le prese col magnesio. Ad un certo punto, nella sezione chiave, sento che potrei venire giù da un momento all'altro. Non so come faccio, stringo le tacche più che posso ed esco in catena. Non nascondo una certa gioia.

Concludo la giornata facendo un giro su un 7b da 35 metri, con tre resting. Si chiama Randa, il nome dice tutto. Ha una prima parte molto facile, poi rimonta uno strapiombo non impossibile, poi dallo strapiombo, continuità su microtacche e buchi con piedi belli spalmati. Non molla fino all'ultimo spit.

Giornata tranquilla in compagnia di Angelo, Alessio Roverato e la sua ragazza, Angela.



martedì 10 agosto 2010

Cima dei Lastei - Via Simon Wiessner (con variante del diedro Penzo)

Salita oggi in compagnia di Emanuele e Pier. Pernottamento al bivacco Minazio partendo ieri nel tardo pomeriggio.
Si tratta di una via in un ambiente grandioso, su di una cima bellissima, ma che personalmente non ho apprezzato molto dal punto di vista dell'arrampicata che offre. La via, infatti, è molto discontinua e su 600 metri di vera parete credo offra un tiro meritevole di nota, che tra l'altro fa parte della variante Penzo, quindi nemmeno della via originaria.
Certo offre un'esperienza di impegno globale, se si comprende l'avvicinamento, lungo, e la discesa, ancora più lunga in un ambiente aspro ed isolato (Manstorna), ma ciò non basta per renderla una salita "bellissima" come ho trovato scritto in molte guide.
Sarebbe un buon itinerario per una solitaria credo.

Relazione:

Sviluppo: 1000 metri, circa 600 di parete vera e propria

Difficoltà: II, III, IV, qualche passaggio di V. A tratti discontinua

Materiale: noi abbiamo trovato un solo chiodo all'uscita del diedro Penzo, in circa 1000 metri di via. Ciò non deve comunque preoccupare, martello e chiodi non servono! Clessidre ovunque, spuntoni, e buone fessure per friends sempre presenti. Portate molti cordini.

Attacco: dal biv Minazio si segue la forcella della caccia scendendo in direzione Val Canali per circa 10 minuti. Nei pressi del primo grande sasso, tagliare a sinistra e per ghiaione ed erba risalire la forcella. Vi è un cavo metallico per la discesa. Si scende costeggiando la parete Sud di Cima Lastei fino a risalire un ulteriore canale, al termine del quale ci si trova ad una forcella con ometto e un pezzo di legno. Qui è l'attacco. Si risale il canale che ci si trova di fronte fino al primo camino.

La relazione tiro per tiro non serve, dato che l'itinerario è molto logico.
La prima parte della via risale un sistema di camini con difficoltà medie di III e qualche breve tratto di IV. Impossibile sbagliare. Seguite i camini ed arriverete alla prima grande cengia.
Una volta giunti in cengia, togliete pure le scarpette e slegatevi.
Percorrete circa 200 metri fino alla base dell'evidente diedro camino (più camino che diedro) della variante Penzo. Difficoltà sul II con passi di III per nulla esposto.
Legatevi nuovamente e risalite il diedro Penzo con tre bei tironi da 60 metri ciascuno (parte più bella della via). Il primo tiro del diedro è spesso bagnato, c'è un cordino su clessidra alla base del camino e poi un cordone bianco su spuntone (V).
Il secondo tiro della variante è più semplice e per rocce più appoggiate (IV).
Il terzo tiro è il più bello dell'intera salita, trattasi di un camino stretto all'inizio che richiede passaggi in opposizione possibilmente senza zaino, e termina in un diedro grigio da arrampicare in spaccata per altri 35 metri (V).
Una volta usciti dalla variante Penzo, traversate con due tiri di corda verso sinistra puntando al grosso canale che solca la cima.
Da qui avete finito praticamente la via, mettete via le scarpette e slegatevi, risalite per 300 metri tutto il canalone (elementare).

Discesa: Dalla cima seguire la cresta con ometti che scende verso la forcella Manstorna. Incontrerete ad un certo punto una doppia attrezzata, evitatela e per cengia discendente esposta traversate a sinistra, faccia a valle. (passaggi di I, molto esposto: saranno 35 metri sicuri di salto se cadete). Dalla forcella scendere seguendo frecce e bolli rossi verso la Val Canali. Ad un certo punto c'è un ostico attraversamento di un nevaio, per ricongiungersi con i bolli rossi (occhio: qualche crepaccio visibile e nevaio abbastanza ripido ed esteso).

sabato 7 agosto 2010

Moiazza: Terza Torre del Camp - Via Angelina, con varianti dirette

Secondo giorno, dormicchiato in tenda. Le vacche tutta la notte che scampanavano a tre metri da noi...ci svegliamo di buon'ora il sabato (5.45). Emanuele prepara il caffè. La giornata è decisamente più asciutta di ieri, vento freddo che soffia e cielo terso!
La via prescelta è sulla parete Ovest della Terza Torre del Camp. Posto quanto mai ameno e silenzioso, se confrontato con i chiassosissimi Scalet.
Già la camminata porta su pendii bellissimi con vista sulla parete di Ferro della Lastia di Framont e la forcella delle Sejére. Incontriamo un gregge di pecore che scagazzano alquanto ed un pastore (o caccciatore??) che probabilmente si studia qualche percorso pensoso e seduto su di un sasso alle sette di mattina.

La via Angelina, viene descritta come una bella via con difficoltà medie su roccia ottima che a torto non è una classica. Niente di più vero! La via è veramente una chicca e secondo me non ha niente da invidiare ad alcune classiche anche sulle Pale. Occhio che l'esposizione è ad Ovest, quindi solo in giornate calde! Ombra fino in cima.
Le difficoltà non sono mai eccessive, la roccia è molto bella, discesa relativamente comoda. Andatela a fare!

Relazione:

Difficoltà: IV, IV+, V, 1 passo di V+.

Materiale: friend, cordini per le clessidre, chiodi e martello per le soste da attrezzare (più di una).

Attacco: guardate la guida del San Tommaso per l'attacco. La via parte 10 metri a sinistra di un grande camino gocciolante con un visibile tetto triangolare alla sinistra. Occhio che ci sono due camini della stessa grandezza vicini. Guardate bene il disegno d'attacco e non vi sbaglierete. Si arrampica ancora slegati per uno zoccoletto di 20 metri di II e ci si trova alla base vera e propria della via, alla base di una placca quasi nera a sinistra del tetto triangolare. Chiodo arancione visibile! Ometto mingherlino alla base.

L1:Si sale con arrampicata tecnica su placca fino al primo chiodo a circa 5 metri d'altezza. (V) Si prosegue fino al secondo chiodo, con bella arrampicata (V) fino ad arrivare ad una stretta cengietta (chiodo camp piantato solo parzialmente). Da qui si può andare a sinistra per vago diedro e poi rientrare a destra fino alla base di un camino colatoio oppure andare dritti diretti. Io da secondo sono andato su dritto e l'arrampicata è molto bella e verticale, su placca e fessura. Siamo sul V, senza chiodi e con poche possibilità di integrare. Comunque più che fattibile. 50 metri. Sosta su clessidra e sasso incastrato.

L2: Si risale il camino colatoio al di sopra della sosta (IV), e si arriva ad una larga cengia detritica. Qui si obliqua a destra fino alla base di una bella placca (elementare). Sosta da attrezzare, 50 metri.

L3: Si risale la placca obliquando un po' a sinistra per poi ritornare a destra (IV+). Si rimonta su una seconda cengia comoda e si traversa a destra fino ad un bel mugo alla base di alcune solide lame con ometto. 45 metri.

L4: Si sale la bella lama solida con primo passaggio un po' atletico (V) e si arriva ad un cordone su una grossa clessidra. Si rimonta su un'esile cengia con mugo. Da qui si sale per bella placca lavorata con alcune clessidre (V). Al termine della placca si sosta su placche più appoggiate, in corrispondenza di una clessidra. 60 metri giusti, noi con corde da 5 metri abbiamo fatto un po' di conserva.

L5: Per facili placche bellissime si risale obliquando leggermente a sinistra (qui la via originale andrebbe molto più a sinistra, sotto a dei tetti gialli) a noi pareva più logico andare dritto. Anche perché la qualità della roccia è entusiasmante. Si passano delle solidissime lame bianche di roccia slavata. Si sosta dopo 50 metri su di un mugo posto al di sotto di un tettino e un chiodo rosso a lama artigianale. (III e IV).

L6: dal chiodo rosso artigianale a lama con passo atletico si vince lo strapiombo fessurato (V) e si continua per bellissime placche lavorate con clessidre (IV). Si sosta dopo 40 metri

L7: Sempre per placche appoggiate puntando ad un diedro fessurato grigio a sinistra. La si risale interamente (IV) e si sosta su mugo e comodo terrazzo alla fine del diedro 50 metri.

L8: dalla sosta si obliqua a destra per cengia e poi su per placche tenendo come riferimento un diedro camino sulla destra. Lo si raggiunge, traversando su placche (IV+) e si sosta poco dopo su un chiodo a lama rosso da rinforzare. Tiro lungo, sui 60 metri, fatto qualche metro in conserva.

L9: si rimonta con passo atletico la strapiombo fessura (V) con passo simile a L6. Si incontra un vecchio cordino su clessidra. Da questo non seguire la fessura larga verticale, ma obliquare a destra in corrispondenza di un tettino sporgente più o meno mezzo metro. Sotto questo tettino io ho messo un friend bello grossetto. Dal tettino c'è un passaggio (V+) atletico che va a prendere delle lame su placca, con il piede sinistro ci si alza molto su un appoggio al di là del tetto. Non banale da impostare. Poi per altri dieci metri di facili placche (IV+) fino ad un mugo a destra. 35 metri

L10: Si risale la bella placca (IV) fino ad un camino dalla roccia apparentemente insicura, ma che invece è bella consolidata. Si risale tutto il camino, vi è un chiodo ad U (pass. di V-). Fino alla sosta con chiodo piatto Camp da rinforzare alla base del bellissimo spigolo finale con roccia bianca. 50 metri

L11: Si risale l'estetico spigolo con arrampicata elegante su roccia bianca bellissima, possibilità di proteggersi su spuntoni e friend piccolini (V). Si sosta dopo 30 metri in corrispondenza di un chiodo a lama grosso Camp e una clessidra a sinistra. Si può in realtà da qui uscire salendo ancora di un paio di metri a sinistra fino alla cengia detritica della Terza Torre. Ma non vale la pena dato che l'ultimo tiro, solo 20 metri merita davvero. Presenti anche gli unici due chiodi veramente vecchi (Pisoni??).

L12: Si risale ancora lungo lo spigolo (IV+) fino alla cima vera e propria con arrampicata elegante su placca, presenti due vecchi chiodi che sembrano autentici degli apritori, molto buoni tra l'altro. Ultimo passaggio per uscire in vetta a sorpresa (V).

Discesa: dalla cima si fa una doppia di otto metri su due chiodi (ve n'era solo uno, noi ne abbiamo lasciato un altro molto buono, e anche un cordone arancione). Alla fine della doppia si seguono gli ometti, che portano ad un canale detritico. Dal canale in 5 minuti si è alla cengia che raccorda le tre torri. Da qui si seguono i bolli rossi della normale e si scende. 1 ora fino a Malga Framont.

Moiazza: Secondo Torrione dei Cantoi - Via Ultima Nata

Dopo la due giorni tra sole e pioggia in Moiazza con Emanuele, ritorno a casa con un po' di confusione, sarà forse che le relazioni del San Tommaso sono sempre, come dire, scadenti. Accampamento la sera del giovedì a Malga Framont, sotto una pioggia intensa...chissà se domani qualcosa è asciutto penso. L'indomani il cielo è messo un po' meglio, gli Scalet sono belli stonfi. Emanuele mi propone una via sul Secondo Torrione dei Cantoi. Sembra asciutta.
I Cantoi sono tre torrioni a sinistra degli Scalet delle Masenade, conficcati nel Van delle Nevere. Già il nome mi attrae, poi anche gli itinerari che qui si sviluppano hanno un po' di pepe. Tralasciamo quelli di Venturino.
Deciso: facciamo una tra le più fattibili. Ultima Nata di San Tommaso stesso. Via tranquilla, corta ed di facile asciugatura. Riusciremo a prendere la pioggia in discesa. Ma tutto sommato giornata decisamente ok!
Diciamo che la via è adatta a giornate con tempo incerto. Non è un capolavoro di via, però ha qualche tiro con il suo perché, soprattutto nella parte terminale. La prima parte è semplice e discontinua, a meno che uno non faccia la variante da noi percorsa (V+). La seconda ha un paio di tiri belli e impegnativi.

Attacco: da Malga Framont si percorre il sentiero verso forcella del Camp. Ad un certo punto si gira a destra in direzione Scalet delle Masenade e Van delle Nevere. Si notano da subito i tre torrioni dei Cantoi. Il nostro è quello centrale. Per mughi si raggiunge l'attacco di placche grigie. Ometto alla base e vecchio cordino grigio su clessidra a 3 metri da terra.

Relazione:

Difficoltà: III, IV, IV+, V+, un tiro di VI (la fessura nera).
Lunghezza: 350 metri
Materiale: cordini per clessidre, friend (soprattutto piccoli), chiodi e martello per le soste.


L1: Si attacca la placca subito a sinistra di una nicchia nera fatta ad orecchio, in corrispondenza di un vecchio cordino grigio su clessidra ed ometto alla base. Si arrampica sulla rotta placca grigia con facilità (III+) e si fa sosta dopo 45 metri su uno spuntone e volendo un chiodo (da attrezzare) 45 metri
L2: Tiro in cui conviene fare conserva lunga. Sui 90 metri di tiro, sul facile II/III. Si traversano in obliquo verso sinistra le cengie che costituiscono lo zoccolo vero e proprio del torrione. Sosta alla base di placconate grigie poste a sinistra di un imponente diedro strapiombante giallo e dei grossi strapiombi gialli sopra la testa. Da attrezzare.
L3: Con 30 metri di tiro, in obliquo a sinistra per belle placche grigie con arrampicata facile (IV) si sosta su un sasso incastrato ed una piccola clessidra sulla parete di roccia gialla sovrastata da un tetto.
L4: Dalla sosta, si traversa di 4 metri a sinistra con arrampicata su ottima roccia concrezionata (V). Primi due metri del traverso in discesa. Si prosegue verticalmente per una fessurina gialla che accetta friend piccoli (V+). La fessura è lunga 3 metri. Al suo termine si traversa a sinistra, sotto il tetto (elementare su esile cengia) e si sosta su due chiodi (una lama artigianale di alluminio, e un universale ruggine). 25 metri. NOTA: questo tiro è una variante da noi seguita, la via originale traversa molto più decisamente a sinistra ed arriva alla stessa sosta di L4 per placche slavate con qualche cordino (lo abbiamo notato dalla sosta). Comunque questa variante risulta molto carina, e soprattutto logica.
L5: Dalla sosta si monta sopra il tettino (strapiombetto di 50 cm) utilizzando un bel corno a sinistra della sosta (V). Dopo due metri si trova un chiodo, poi per placche belle e lavorate con clessidre (IV) si perviene dopo 50 metri alla grande cengia. Si obliqua leggermente a sinistra e si sosta alla base di una fessura diedro (chiodo visibile a tre metri). Sosta da attrezzare!
L6: Fessura diedro data di VI+ nella guida di San Tommaso. Probabilmente è un VI pieno, senza il più, anche se a dir la verità può far tribolare un po' il fatto di trovarla bagnata. Con difficile passaggio ci si innalza, io sono stato un po' a destra, per poi rientrare nella fessura. Primo chiodo rinviato. Ci si innalza con arrampicata su piccoli appigli per le mani sulla faccia destra del diedro, ma con appoggi discreti. Ci si può proteggere discretamente con un friendino piccolo, io credo di aver utilizzato lo 0.5 della BD. Si trova poi un nut blu incastrato. Ci si innalza ancora per qualche metro un po' più facilmente fino ad un secondo chiodo rosso scuro. Qui il difficile è finito. Si entra in un camino e si esce a sinistra su un comodo terrazzo. Si sosta su un chiodo (da rinforzare). 35 metri (VI)
L7: dalla sosta si rimonta la placca nera a destra, trovata bagnata e un po' insidiosa (un passaggio di V+). Trovate 3 chiodi lungo questa placchetta, di cui uno lasciato da noi. Poi per camino più facilmente (IV) fino alla sosta da attrezzare su due spuntoni. 50 metri
L8: Tiro facile, dal camino, si sale per roccette fino alla grande cengia che costituisce la sommità del torrione (III). Ometti indicano il percorso di discesa.

Discesa: Non banalissima. Seguite attentamente questa relazione. Si esce a destra, faccia a monte, seguendo ometti che portano verso il canalone che divide il secondo torrione dal terzo. Si scende il canalone colatoio con rocce slavate, potendo evitare la prima doppia su cordoni marci. Si tiene sempre la propria destra, ora faccia a valle. Si fa una prima doppia su due chiodi belli vecchiotti e cordoni sprovvisti di maglia rapida, sui 30 metri, poi si arrampica un po' per roccette. Si giunge ad una seconda doppia, che sarebbe la terza attrezzata, su tre chiodi, di cui uno che si toglie con la mano a lama, molto vecchio e ruggine, ed altri due più buoni. Abbiamo lasciato lungo questa doppia una maglia rapida. Si scende il canale, con doppia da 50 metri di cui gli ultimi 15 nel vuoto. Qui ci troviamo sulla prima cengia, dalla parte del canale. ATTENZIONE: non scendere per il canale invitante ma risalire a destra, faccia a valle la cengia, per trovarsi sullo zoccolo vero e proprio. Per tracce, ometti e seguendo l'intuito si arrampicotta in discesa fino ad una terza doppia su clessidra che deposita alla base del torrione.
Dalla base, si segue il Van delle Nevere fino a dove esso incrocia il sentiero e da questo a Malga Framont (2 ore).

martedì 3 agosto 2010

Cima della Madonna - Via Messner







Alle dieci di sera di domenica arriva la chiamata del buon Davide per la convocazione del lunedì. Sono già in due, ma mi dice che c'è posto per un terzo nella cordata. Accetto volentieri. Le proposte sono due: Messner alla Cima della Madonnna oppure Carlesso alla Torre di Valgrande. In ogni caso il ritrovo è alle quattro e un quarto davanti al suo negozio. Mi vien male.
Torno a casa dalla pizzeria e in quattro e quattr'otto preparo la roba per l'indomani.
Imposto la sveglia alle tre e mezza...ovviamente non la sento e mi sveglio alle quattro. Cazzo!
Come se non bastasse, preso dal sonno, mi chiudo fuori casa. Cazzo!
Ovviamente le chiavi della macchina sono rimaste dentro casa. Vabbè, tralasciamo le imprecazioni del caso (tante), mi faccio passare a prendere da Davide.
Di corsa a prendere Angelo e sfrecciamo via col furgone verso Malga Zivertaghe.

In un'ora e qualcosa siamo al Rifugio del Velo. Non sento più le gambe da quanto abbiamo corso lungo il sentiero. Tempo di bere un tè caldo al rifugio, dove tra l'altro troviamo Riccardo Scarian con un altro tizio, che è lì per aprire una via nuova. Del tipo che il primo tiro è un 7c...mi va già di traverso il tè.

Andiamo all'attacco della via. La parete sembra un missile! Fa anche un po' freddo. Roccia stupenda. Capocordata Davide. In quattro ore siam fuori.
La via è un vero gioiellino. Gioiellino e non gioiello, perché è corta (7 tiri), e forse più adatta a giornate con tempo incerto. Ciononostante non è da sottovalutare, le difficoltà sono costanti (V e V+ Messner, dunque quasi VI). La chiodatura è pressoché assente lungo i tiri. L'arrampicata non è mai banale, occorre leggere dove andare. Ruolo fondamentale gioca l'esposizione, la via infatti, eccetto l'ultimo tiro, è in continua esposizione, tant'è vero che se ci si guarda le punte dei piedi mentre si arrampica si vedono sempre nello sfondo i ghiaioni basali. Pensare che Messner ha aperto questa via a 23 anni munito di scarponi, rende un'idea di quanto forte fosse. Che classe.
Discesa un po' laboriosa e comunque non da sottovalutare.


Relazione:

Sviluppo: 300 metri. 7 tiri

Materiale: Qualche friend. Martello e chiodi consigliabili, se non si trova qualche sosta. Le soste in linea di massima ci sono tutte. Difficile però beccarle tutte, visto che la parete è un placconata enorme povera di punti di riferimento. Numerosi cordini anche sciolti per le clessidre. Occorre dire che, nonostante queste siano presenti in gran quantità, a volte ci sono lunghi tratti in placca obbligatori e senza possibilità di integrare. Soprattutto nella parte alta della via.

Difficoltà: V+ (Messner), secondo me qualche tratto di VI, magari non pieno, ma sicuramente più di V.

Attacco: dal rifugio del Velo, andare a prendere la ferratina che attacca lo zoccolo sottostante la parete ovest della Cima della Madonna. Risalirla e poi per canali, caminetti e roccette, seguendo dove è logico ci si porta alla base della parete nord vera e propria. Ci sono tre piccole clessidre incordinate, e un grillo nei cordini. Quello è l'attacco! (mezz'ora dal rifugio)

L1: Dalle tre clessidre si sale verticalmente la placca bianca. (V) C'è qualche vecchio cordone su alcune clessidre per segnare il percorso. Noi credo siamo stati più a destra del percorso giusto. Ho visto, risalendo, una fessura con un friend rosso incastrato che abbiamo lasciato alla nostra sinistra. Abbiamo sostato 15 metri più in alto di questa fessura, su una grossa clessidra con cordoni ed un moschettone di calata (che abbiamo tolto). Tiro da 55 metri (dato di IV+ sulla guida Rabanser, trovato di V e talvolta V delicato).

L2: Tiro bellissimo sempre su placca. Arrampicata elegante su buchi per le mani come appigli. Ci si protegge discretamente con clessidre. Andamento un po' vago, comunque più o meno verticale. V+ Tiro da 50 metri.

L3: Si risale obliquando un po' a destra, tenendo come punto di riferimento il diedro in alto a destra vicino allo spigolo. Placca tecnica. V+ 50 metri. Sosta su due chiodi.

L4: Si è ora una ventina di metri sotto il diedro/camino. Vi sono diverse possibilità. La più logica parrebbe quella di entrare nel camino canale a destra, presenti alcuni cordoni vecchissimi. Altra soluzione, andare dritti per placca leggermente rossastra, puntando ad un cordone bianco in alto. Noi siamo andati in obliquo a sinistra. Poi verticalmente, poi di nuovo a destra (allungare bene le protezioni). Si entra nel diedro con passaggio difficile (VI-). Lo si arrampica tutto, oppure si sta sulla placca tecnica a sinistra, fino ad una sosta 15 metri più in alto spostata leggermente a sinistra. 40 metri. Tiro molto continuo (V+/VI-)

L5: dalla sosta con due chiodi si risale fino ad un chiodo posto 5 metri più alto (V). Si segue un vago diedrino che porta verso destra fino ad una sosta non molto comoda su un chiodo molto ruggine ed un nut incastrato con cordone blu. 30 metri (V e V+).

L6: Dalla sosta si obliqua verso destra con traversata molto aerea, guardatevi sotto le punte dei piedi in questo tiro. Se vi cade un sassolino arriva direttamente alla base dei ghiaioni senza mai toccare la parete! Mentre si obliqua a destra, tralasciate il diedro svasato rosso sulla vostra sinistra. Proseguite alla fine dell'obliquo verticalmente e troverete una sosta comoda dopo una quindicina di metri, all'interno di una grossa nicchia su due chiodi ruggini (Messner?) ma buonissimi. 30 metri difficoltà (V e IV+)

L7: dalla sosta si obliqua leggermente a destra dove pare più facile e logico, lasciando a sinistra un camino invitante. Si arrampica sullo spigolo, trovando un bel chiodone ruggine alla base di una fessura (IV+, non di certo III+ come riporta Rabanser). Poi per balze e risalti di roccia più facili (III) fino in vetta. 50 metri.

Discesa: non banale e in alcuni tratti un po' insidiosa. Dall'uscita ci si dirige puntando verso il Sass Maor alla cima vera e propria. Statuetta bianca della Madonna (decapitata) più custodia del libro di via vuota, ma con un foglio della relazione dei Sass Baloss dello spigolo del Velo. Noi abbiamo firmato su quello, sigh!
Da qui si scende seguendo le evidenti tracce ed ometti. Si traversa ad un certo punto a sinistra, faccia a valle. Occorre ora seguire le frecce di vernice rossa che portano ad un intaglio/camino molto esposto. Eventualmente ci sono due fix da 10 per l'assicurazione. Se si cade in questo intaglio, si fa da nut umano, visto che al di sotto l'intaglio si restringe quasi chiudendosi. Alla fine di questra traversata si trova il primo anellone cementato. Da qui ci si cala 50 metri. Eventualmente si possono fare due da 25, ma non conviene. Si rampegotta un po' giù e si tralascia la seconda doppia su clessidra e cordoni. Conviene arrampicare attentamente. Fino al secondo anellone cementato. Doppia di 35 metri. Da qui per sentierino sulla destra faccia a valle, e canaloni. Troverete un'altra doppia su cordoni e maglia rapida che conviene fare per un risalto che c'è alla fine abbastanza verticale. Si scende ancora un po' e si trova l'ultima doppia su fittone di ferro, che deposita alla base di un canale ghiaione. Da qui, sciando sulle ghiaie in poco tempo si raggiunge il Rifugio del Velo. 1 ora e mezza dalla cima.